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Status di rifugiato a cittadino camerunense per discriminazione sessuale

Come riferiscono le COI in Camerun le persone LGBTI vengono perseguitate in maniera molto più aggressiva rispetto a quasi tutti i Paesi del mondo e sono costrette ad affrontare discriminazioni, intimidazioni, vessazioni e violenze di ogni tipo. Il codice penale, anche dopo la sua riforma avvenuta nel 2017, ha continuato a mantenere il reato di attività sessuale tra persone dello stesso sesso, prevedendo la reclusione fino a 5 anni ed una multa da 20.000 a 200.000 franchi (art. 347 bis). La maggior parte dei casi di cui si è avuta evidenza sono stati caratterizzati da gravi violazioni dei diritti umani, compresa la tortura (perpetrata attraverso ad esempio il cd. “test anale” come prova della presunta omosessualità), le confessioni forzate, la negazione di accesso all’assistenza legale ed un trattamento discriminatorio da parte delle forze dell’ordine e degli ufficiali giudiziali.

Nel caso in esame, il ricorrente, sia in sede amministrativa che in udienza si è dichiarato omosessuale, manifestando un serio, concreto ed attuale timore di persecuzione personale e diretta nel Paese di origine a causa del proprio orientamento sessuale, confermato, quest’ultimo, anche dalla testimonianza scritta rilasciata dal sig. Mele, vicepresidente del MOS, Movimento Omosessuali Sardo – associazione di politica e cultura gay, lesbica e trasgender. Ciò nonostante la Commissione Territoriale aveva rigettato le domande.

Osserva il Tribunale che <superato il cd. vaglio di credibilità di cui all’art.3, comma 5 D.lgs. n° 251/2007, alla luce delle dichiarazioni rese e delle informazioni acquisite agli atti, si ritiene che vi sia per il ricorrente un effettivo rischio di persecuzione personale e diretta per motivi di “appartenenza ad un determinato gruppo sociale”, tenuto conto che la circostanza per cui l’omosessualità sia considerata un reato dall’ordinamento giuridico del Paese di provenienza -costituendo una grave ingerenza nella vita privata dei cittadini omosessuali che compromette grandemente la loro libertà personale e li pone in una situazione oggettiva di persecuzione- giustifica appieno la concessione della protezione richiesta (si confronti anche Cass. Civ. 20 settembre 2012 n. 15981), potendosi, conseguentemente, riconoscere in capo al predetto il diritto allo status di rifugiato>.

Per questi motivi, il Tribunale riconosce che “il ricorrente rientri nel novero dei soggetti che possono beneficiare del riconoscimento dello status di rifugiato”.

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